La concessione in godimento, mediante contratto di locazione, di terreni demaniali soggetti ad uso civico è subordinata alla condizione che la destinazione concreta impressa al bene sia conforme all’esercizio dell’uso civico o, se diversa, che la stessa sia comunque temporanea e tale da non determinare l’alterazione della qualità originaria del bene.
Nella vicenda in esame, il giudice di primo grado aveva dichiarato la risoluzione del contratto di locazione stipulato dall’amministrazione dei beni demaniali in un comune, in qualità di locatore, e da un cittadino, in qualità di conduttore, per grave inadempimento di quest’ultimo, che veniva dunque contestualmente condannato al rilascio dell’immobile oltre che al pagamento dei canoni maturati e maturandi fino all’effettivo rilascio.
Quest’ultimo aveva poi proposto appello, chiedendo, tra l’altro, che fosse dichiarata la nullità del contratto di locazione, poiché relativo a bene gravato da uso civico.
Anche la Corte d’Appello aveva però respinto la sua posizione, ritenendo che fosse del tutto legittimo il trasferimento a privati del godimento dei beni di uso civico mediante atti di concessione amministrativa oppure contratti di locazione in base al rilievo che in tali ipotesi la durata del rapporto è predeterminata e non si registrano riflessi negativi sul carattere originario dei beni gravati da uso civico.
A conclusioni opposte è giunta invece la Corte di Cassazione, che, nell’accogliere il ricorso del cittadino, ha innanzitutto ricordato che sono state già ritenute legittime, tra le destinazioni atipiche, quelle conseguenti al trasferimento a privati del godimento dei beni di uso civico mediante atti di concessione amministrativa o contratti d’affitto in base al rilievo che in tali ipotesi si abbia predeterminazione della durata del rapporto e, almeno normalmente, l’assenza di riflessi negativi sul carattere originario dei suoli.
Dunque, pur in assenza di autorizzazione concessa all’esito del previsto procedimento amministrativo, di ogni atto di concessione in godimento di beni di uso civico, la subordina al contrario al puntuale accertamento che: a) la destinazione concreta impressa al bene sia conforme all’esercizio dell’uso civico; b) ove invece sia diversa, la stessa sia comunque temporanea e tale da non determinare l’alterazione della qualità originaria di essi; limiti e presupposti, questi, chiaramente desumibili dalla L. n. 1766 del 1927 e segnatamente dall’art. 12, comma 2, a mente della quale i Comuni e le associazioni non potranno, senza l’autorizzazione del Ministero dell’economia nazionale, alienarli o mutarne la destinazione.
Essendo l’atto dispositivo a porsi quale eccezione alla regola che riserva esclusivamente alla comunità il godimento del bene, è evidente che ove non si abbia sufficiente contezza del rispetto di detti limiti l’atto dispositivo andrà considerato in contrasto con la previsione di legge.
La Corte ha dunque chiosato asserendo che la concessione in godimento, mediante contratto di locazione, di terreni demaniali soggetti ad uso civico è subordinata alla condizione che la destinazione concreta impressa al bene sia conforme all’esercizio dell’uso civico o, se diversa, che la stessa sia comunque temporanea e tale da non determinare l’alterazione della qualità originaria del bene. L’onere della prova della sussistenza di tali requisiti incombe sulla parte che intende far valere in giudizio diritti derivanti dal contratto. In mancanza il contratto deve ritenersi nullo per contrasto con norma imperativa.
Cass. civ., Sez. III, 21 ottobre 2021, n. 29344